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GRANADIGLIA: LA “PASSIONE” DEL FIORE COME “FRUTTO” DELLE PIEGHE BAROCCHE
“Il Barocco non connota un’essenza, ma una funzione operativa” [1] Così parla Deleuze in merito a un periodo culturale così complesso e vario come quello Barocco. Una stagione che ricerca e scopre, attraverso la “Meraviglia” creata dall’uso dell’ingegno, il mondo in tutte le sue forme (e pieghe) in una continua tensione armonica tra alto e basso, tra macrocosmo e microcosmo, tra fisico e metafisico, dove il singolo esiste e prende senso solamente nell’insieme, in funzione dell’altro. Ed è proprio in questo clima di continua indagine della realtà finalizzata a scoprirne le meravigliose e fitte “corrispondenze” che suscita un interesse particolare il fiore della Granadiglia, “oggetto” esotico (importato in Europa dal Brasile), completamente nuovo di cui si apprende subito la doppia natura (o di cui si spiega la piega nascosta) materiale – spirituale. “Si dice che abbia le insegne della passione” [2] riporta l’esploratore Gesuita José de Acosta in uno dei suoi scritti, dove
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